Rugby: addio a Jonah Lomu, leggenda degli All Blacks

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    Arthur King 47

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    AUCKLAND - Il gigante si è arreso. Jonah Lomu, il più grande rugbista di sempre, da tempo sofferente di una rara e grave forma di sindrome nefrosica, è morto all'età di 40 anni per un improvviso aggravamento delle condizioni di salute. E' successo stanotte nel suo appartamento neozelandese di Auckland e qualche ora dopo la moglie Nadene ha confermato la drammatica notizia. Jonah, che nel 2004 si era sottoposto ad un trapianto di rene (rigettato nel 2011), lascia due figli: Brayley, di 6 anni, e Dhyreille, di 5. "Vorrei vederli crescere fino a quando compiranno 21 anni", aveva confessato solo qualche giorno fa.
    Forte e dolcissimo, con quello strano sguardo malinconico. "Mio padre è scomparso che ero molto giovane. Non so quando potrebbe accadere a me. Spero solo che loro due crescano forti, in salute. Non smetterò mai di ringraziare Nadene, che in realtà è come se si occupasse di tre bimbi". Era reduce da un viaggio a Dubai con tutta la famiglia, le sue condizioni erano apparentemente buone. Ma nelle ultime ore un drastico calo delle proteine nel sangue avrebbe portato ad un nuovo blocco renale. Messaggi di cordoglio stanno arrivando da tutto il mondo o vale e sportivo.

    Un metro e 96 centimetri di altezza per 118 chili di peso, uniti ad una velocità da centometrista. Il numero 11, la maglia degli All Blacks (con cui ha segnato 37 mete in 73 partite). Una potenza devastante. Implacabile ed implaccabile. Nessun essere umano avrebbe potuto fermarlo, sul campo. La leggenda di Siona Tali 'Jonah' Lomu era cominciata durante i mondiali di rugby del 1995 in Sudafrica, quando quel ragazzo ventenne di origine tongana aveva si era messo a segnare mete che ci voleva un pallottoliere (il primato nelle World Cup - 15 - è stato solo eguagliato il mese scorso da Brian Habana): la sua marcatura con l'Inghilterra - superando Underwood, Carling e poi letteralmente calpestando l'estremo Catt - ha fatto la storia del rugby.

    Un anno prima, proveniente dalla contea di Manuaku, era stato il più giovane esordiente con la Nuova Zelanda. La consacrazione arrivò durante la Coppa del Mondo inglese del 1999: ancora un paio di capolavori tra le mete, azioni ancora oggi cliccatissime sul web, tipo quella rifilata ai padroni di casa e un'altra, con quattro francesi inutilmente aggrappati alle sue gambone

    Auckland Blues, Chiefs e Hurricanes sono i club con cui ha giocato in patria, testimone e protagonista del passaggio del rugby al professionismo a partire dal 1995. Nel 2005 passò una stagione in Europa, con i gallesi del Cardiff Blues. Poi un breve passaggio a Marsiglia, in Francia, da dilettante. I primi sintomi della malattia li aveva già avvertiti vent'anni fa, ma è stato solo qualche anno più tardi che si è avuta chiarezza di quella sindrome nefrosica che era accompagnata da fatica, dolori di stomaco, gonfiore, ritenzione dei liquidi, infezioni, coaguli di sangue. Era l'inizio delle prime dialisi, poi il trapianto, gli infiniti ricoveri.
    "Devi sempre

    cercare di restare positivo, sorridente", diceva. "Perché questa malattia cerca di distruggerti poco alla volta. Ogni paziente che si sottopone a una dialisi è diverso, ma tutti sappiamo di non avere altra scelta. L'alternativa è una sola: devi stare su col morale. Voglio insegnare ai miei figli che non c'è niente di facile, in questa vita e che devi lavorare duro. Sempre. Non si devono arrendere, perché io non mi arrenderò. Mai".
     
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    Il Guardiano della Necropoli

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    Non seguo questo sport però ho letto con interesse tutto l'articolo. Davvero un dipsiacere una perdita del genere..
     
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    Maggiore

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    Addio leggenda, hai lottato finchè hai potuto.
     
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2 replies since 18/11/2015, 11:21   267 views
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