Il lupo nell'ombra

Nevica su Vostoria, qualcuno trama per strappare il pianeta all'Imperium

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    Ciao a tutti!
    Questo breve capitolo sarà la prefazione di una storia interconnessa con "I baschi Neri di Vendoland" ma allo stesso tempo estranea, per cui non vi è bisogno di aver letto l'una o l'altra, per quanto alcuni personaggi andranno ad essere gli stessi.
    Per la precisione "Il Lupo nell'ombra" si colloca prima dei Baschi Neri.

    Commenti sempre più che apprezzati, a voi sperando che piaccia!


    NEVICA SU VOLGARFT

    La neve scendeva pigramente, i fiocchi che si mescolavano alle ceneri delle fabbriche, accumulandosi già sporchi per coprire con il loro lurido manto le strade di Volgarft.
    Le alte fiamme che si sprigionavano dalle torri degli altiforni gareggiavano con le luci al neon di squallidi locali nell’illuminare la fredda notte invernale.
    Sotto l’unico lampione funzionante di tutta la strada, era ferma un’autopattuglia dell’Adeptus Arbitres, alla quale era appoggiato un giovane che aveva preferito un caldo cappello di lana all’elmetto regolamentare.
    -Sigaretta sergente?-
    Chiese l’arbitres rivolto ad un collega più anziano, che ostentava un monumentale paio di baffi a manubrio bianchi di neve.
    L’uomo grugnì una risposta incomprensibile, mentre gettava un’occhiata svogliata al sedile posteriore dell’auto, sul quale giacevano due caschi da arbitres ed altrettanti fucili a pompa.
    -Ehy Valodia-
    Borbottò il sergente, troppo piano perché il terzo uomo, al quale si era rivolto, lo potesse sentire.
    Questi indossava l’equipaggiamento previsto nella sua interezza e pareva una statua di sale, immobile con il fucile a pompa stretto tra le mani inguantate.
    Il sergente sbuffò ed allungò una mano per prendere la sigaretta che il giovane gli porgeva, quindi ne trasse una profonda boccata, prima di avviarsi a passi pesanti verso il collega poco prima interpellato.
    -Valodia-
    Questa volta il terzo arbitres si voltò impercettibilmente, senza perdere di vista la strada che stava sorvegliando.
    -Si sergente?-
    La voce del sergente uscì roca, più a causa dell’aria inquinata di Vostroya che non per il vizio del fumo.
    -La pianti di fare l’idiota? Levati dalla testa quella bacinella e vieni a fumare con noi che è meglio…-
    Valodia scosse la testa.
    -Negativo sergente, non siamo autorizzati a togliere il casco durante l’attività di pattuglia, siamo qui per controllare i documenti!-
    Il vecchio arbitres si voltò in cerca dell’aiuto del collega, il quale si limitò ad aprire le braccia in un gesto sconsolato, come a dire che non c’era nulla da fare con quella recluta.
    -Valodia, sono le tre del mattino e siamo a Grudtal, il peggior quartiere di Volgarft, che è la peggior città di questo schifo di continente, considerato dai vostroyani il buco del deretano del pianeta… E non è che Vostroya sia questa bellezza… Quindi chi credi che voglia andarsene a spasso, sotto questa nevicata poi?!-
    -Lui sergente-
    Rispose con voce atona l’uomo.
    Seguendo lo sguardo di Valodia, il sergente individuò una figura incappucciata che avanzava a passi lenti verso di loro, come se non li avesse visti.
    -Starà cercando una ragazza a pagamento, tutti ne avremmo bisogno in una notte come questa… Non fermarlo a meno che non sia una spogliarellista che torna dal lavoro, in quel caso mi faccio carico della perquisizione-
    Il giovane arbitres scoppiò a ridere, mentre Valodia non diede segno di aver sentito.
    Nel frattempo l’uomo si era avvicinato abbastanza da entrare nella pallida luce del lampione.
    Indossava un pesante giaccone verde oliva ed una felpa nera con il cappuccio tirato sul viso, che ne nascondeva i lineamenti.
    Da una spalla gli pendeva uno zaino di tipo militare, che appariva piuttosto vuoto.
    -Alt! In nome dell’Imperatore!-
    Disse Valodia con voce stentorea.
    Il sergente imprecò.
    Con gesto svogliato gettò il mozzicone mezzo fumato e si voltò verso il nuovo venuto che, come se non avesse udito l’ordine, continuava a camminare.
    Valodia fece scattare il sistema d’armamento del fucile a pompa e lo puntò verso l’uomo ringhiando.
    -Fermo dove sei! Nel nome dell’Imperatore se fai un altro passo apriremo il fuoco!-
    L’uomo si fermò e parlò con una voce fortemente accentata, che ne tradiva la provenienza extra mondo.
    -Ma non vi stancate mai di nominare l’Imperatore? Si può sapere che accidenti volete?-
    Sentendo una tale reazione il sergente s’irrigidì e portò istintivamente la mano destra alla fondina cosciale, nella quale trovava posto la sua pistola laser.
    -Ce l’hai un documento?-
    Chiese avvicinandosi al civile, il quale non aveva tolto le mani dalle tasche del giaccone ed appariva perfettamente calmo.
    -Secondo te?-
    Il sergente serrò i denti; l’impertinenza dello sconosciuto lo irritava, non era così che un cittadino avrebbe dovuto rivolgersi ad un esponente dell’Adeptus Arbitres.
    Tuttavia la risposta del fermato era sensata, a Grudtal quasi nessuno aveva un documento d’identità.
    -Sei armato?-
    L’uomo sollevò lo sguardo, permettendo così al sergente di vedergli il viso.
    Era un volto ossuto, incorniciato da una corta barba castana e sfregiato da un’unica lunga cicatrice che partiva dall’occhio sinistro e segnava tutta la guancia, come la scia di una lacrima, idea sottolineata anche dalla fila di peli bianchi che ne indicavano il percorso sotto la barba.
    Furono gli occhi a colpire il sergente; due occhi marroni totalmente inespressivi, intensi ma allo stesso tempo distaccati, come se quanto stava accadendo non rivestisse alcuna importanza per l’uomo.
    -Ho due mani-
    Il sergente masticò amaro, ma si sforzò di non aggredire il civile.
    -Cos’hai nello zaino?-
    La voce del fermato era tagliente come una lama.
    -Un curioso-
    Il giovane arbitres imprecò in vostroyano stretto ed impugnò il manganello.
    -Adesso gli do io una lezione a questo figlio di…-
    Il sergente alzò una mano per interrompere il sottoposto che si stava già facendo avanti verso l’uomo.
    C’era qualcosa in quello sguardo che non gli piaceva affatto, forse il lampo di divertimento che vi aveva visto, o forse quella calma innaturale.
    Qualunque cosa fosse il turno era quasi finito e lui voleva solo tornare a casa.
    -Lasciamolo andare… Per questa volta te la cavi così, ma non farti più vedere in questo quartiere.-
    L’uomo si strinse nelle spalle, quasi a sottolineare il suo disinteresse per quanto si era detto e riprese a camminare, sempre seguito dalla canna del fucile a pompa che Valodia non smetteva di puntargli.
    Solo quando si fu allontanato di alcune decine di metri il giovane arbitres ruppe il silenzio.
    -Sergente ma perché cavolo lo abbiamo lasciato andare?! Quello puzzava come un bagno pubblico!-
    Il sergente annuì gravemente.
    -Quello puzzava di disertore, mercenario o pazzo, tre categorie con cui non voglio avere nulla a che fare….-
    L’uomo con il cappuccio spinse di lato una porta di ferro e si ritrovò in una stanza semibuia, percorsa da raggi di luce verde che illuminavano un paio di belle ragazze in abiti succinti, impegnate in una pole dance.
    Il locale era piuttosto frequentato, ma lui individuò un tavolino discosto e fuori vista, proprio accanto alle corte scale che dalla strada permettevano di scendere nella stanza.
    Con un sospiro scese i pochi gradini; quanti problemi per riuscire a bersi una dannata birra.
    Su Volgarft scendeva la neve.

    Edited by Dahu - 20/11/2014, 19:40
     
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  2. Lord-B
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    Bello , ma non ho capito se è incentrato sugli Arbites o sul tizio. Bon , in ogni caso hai stuzzicato la mia curiosità e il mio interesse
     
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    Lo capirai presto…

    GIOCATTOLI ROTTI

    L’aria nel locale era fumosa ed il chiacchiericcio diffuso.
    Schivando la calca di avventori che si ammassavano nei pressi dei due tavoli sui quali si svolgevano le pole dance, l’uomo si avvicinò al tavolino che aveva individuato.
    Con gesto stanco si liberò del giaccone, che poggiò alla sedia perché si asciugasse, quindi si abbassò il cappuccio rivelando una capigliatura folta e ribelle.
    Con gesti lenti l’uomo dal viso sfregiato si sedette ed appoggiò i gomiti sul tavolo, prima di portarsi alla bocca le mani, protette da guanti a mezze dita in lana nera, e soffiarvi sopra per allontanare il gelo della notte vostroyana.
    La sua figura era immobile, ma gli occhi non si fermavano un secondo, percorrendo tutti gli avventori, in cerca della persona che voleva incontrare.
    Per questo notò subito che la cameriera lo sbirciava di sottecchi.
    Era una ragazza sui diciotto anni, con corti capelli biondi a caschetto e forme molto femminili, che la semplice maglietta larga da lei indossata non riusciva a nascondere del tutto.
    Non appena la giovane si accorse dello sguardo insistente che le stava dedicando l’uomo, ebbe un sussulto e si affrettò verso il bancone.
    Lo sfregiato sorrise dietro lo schermo delle mani che stava ancora scaldando col fiato; sapeva che il suo sguardo aveva il potere di mettere a disagio le persone e la cosa lo divertiva.
    Pochi minuti dopo la ragazza si avvicinò al suo tavolo con aria timida, quasi che lui l’avesse sorpresa a rubare la marmellata.
    Lui abbassò le mani e le rivolse quello che nelle sue intenzioni doveva essere un sorriso rassicurante.
    In realtà il suo volto sfregiato imprimeva una piega sbilenca al sorriso, trasformandolo in un ghigno ironico che tutto poteva essere tranne che rassicurante.
    -Vorrei una birra grazie-
    Disse nel suo vostroyano malamente accentato, ma con tutte le formule di cortesia di cui era a conoscenza, non molte in realtà.
    La cameriera annuì e rimase un momento a studiare l’avventore, dondolandosi sulla punta dei piedi, come se volesse ribattere, ma poi si sentì chiamare e si voltò verso il bancone, svanendo nella calca di avventori.
    Lo sfregiato riprese a dardeggiare con lo sguardo.
    Molti avventori erano chiaramente membri una gang cittadina che lui, arrivato clandestino allo spazioporto di Volgarft solo quella mattina, non conosceva.
    Erano tutti ceffi patibolari, con ogni parte di pelle visibile tatuata e discretamente bene armati.
    L’uomo vide parecchie pistole a proiettili solidi e fucili a pompa, oltre ad una profusione di coltelli e catene.
    Del resto il fatto che la ronda cittadina fosse assicurata dall’Adeptus Arbitres e non da una comune polizia governativa la diceva lunga sullo stato del quartiere.
    Lo sguardo dello sfregiato fu attirato da un uomo che si faceva largo verso di lui.
    Indossava un pesante giaccone che nascondeva la sua intera figura, ad eccezione del viso duro, incorniciato da una rada barba grigia.
    Doveva avere una sessantina d’anni, portati decisamente male anche a causa delle profonde rughe che lo segnavano, ricordo di una gioventù passata a cuocersi al sole ed agli elementi.
    Un tratto particolarmente raro su Vostroya, dove quasi tutti erano operai dalla pelle color latte ed i polmoni avvelenati.
    Nonostante l’età, l’uomo appariva davvero imponente, con due spalle da lottatore.
    La mano inguantata del nuovo venuto poggiò sul tavolo una bottiglia di vetro e la spinse verso lo sfregiato, che sorrise di rimando.
    -Ordinare una birra in un bar vostroyano non è il modo migliore per passare inosservati-
    Disse sedendosi di fronte allo sfregiato.
    Aveva una voce roca e gorgogliante, che rivelava una qualche malattia dell’apparato respiratorio.
    Lo sfregiato prese la birra e ne bevve una lunga sorsata.
    -Devo dire che fa anche abbastanza schifo… Ti trovo invecchiato Aleksej-
    L’uomo grugnì e bevve una robusta sorsata dal bicchiere che stringeva nella sinistra, quindi si tolse il berretto di lana, rivelando una disordinata capigliatura grigia.
    -Tu invece non invecchi di un giorno, Kevin… Dimostri ancora trent’anni al massimo…-
    Lo sfregiato annuì senza rispondere, dedicando al vostroyano uno dei suoi inquietanti sorrisi.
    -Cosa ti porta in questo buco congelato della galassia?-
    Kevin si strinse nelle spalle.
    -Lavoro. Mi serve un lavoro-
    Aleksej annuì gravemente.
    -La Guardia Imperiale butta via i giocattoli rotti eh?-
    Lo sfregiato rimase inespressivo alla battuta sarcastica del suo interlocutore.
    -E tu invece? Perché hai deciso di tornare a casa? Nostalgia di Vostroya? Almeno potevi scegliere un posto migliore-
    Il vostroyano tossicchiò alcune volte, tutta la risata che i suoi polmoni malati potevano concedergli.
    -Quando sei un ex ufficiale dei Primigeni, con i polmoni avvelenati da Armagheddon, non è che tu abbia tutte queste possibilità… La pensione ha smesso di arrivare sei anni dopo il congedo… E io dovevo trovare un modo per farle avere una vita decente-
    Kevin rivolse al vecchio soldato uno sguardo interrogativo e questi gli indico una direzione con la testa.
    -La cameriera?-
    Aleksej annuì.
    -È mia figlia, non l’avevo mai vista prima dei suoi sei anni, quando sono tornato da Armagheddon… Mia moglie è morta poco dopo-
    Kevin bevve un’altra sorsata, storcendo il viso con disappunto per il sapore della bevanda.
    -Cosa fai per vivere?-
    -Procuro lavoro a gente disperata… Forse ho qualcosa che interessa anche a te; c’è sempre bisogno di gente in gamba per lavori nella periferia. Ma questo non è un bel periodo…
    Li vedi quei bestioni tatuati?
    Sono i Lupi di Volgarft, una banda numerosa, fanno il bello ed il cattivo tempo nel quartiere e vogliono allargare la loro influenza.
    Se vuoi lavorare devi avere il loro permesso e pagare il loro prezzo-
    Kevin annuì un paio di volte.
    -Almeno è una situazione stabile-
    -No, le voci che corrono parlano di un inasprimento dei rapporti tra i Lupi ed il governatore… Se non si arriva ad un accordo ci sarà una guerra…-
    Lo sfregiato fece una smorfia.
    -Ne ho abbastanza di guerre. Sono stufo di ammazzare la gente-
    Aleksej si concesse un sorriso triste, mentre allungava un ritaglio di carta all’interlocutore.
    -Ti capisco amico… Per il lavoro ci vediamo a questo indirizzo domani a mezzogiorno, ho un carico di merci contrabbandate da portare fuori città, se ben ricordo tu te la cavi al volante… Ah, cerca di non cacciarti nei guai nel frattempo, profilo basso-
    Il viso di Kevin s’illuminò di una luce divertita.
    -Lo sai che sono un tipo prudente-
    Il vostrojano rise con quella sua voce gorgogliante.
    -Grazie all’Imperatore non lo sei… O io sarei a marcire tra i boschi venefici di Armagheddon-
    Lo sfregiato alzò la bottiglia a mimare un brindisi.
    -Ad Armagheddon allora… Ed alla Guardia Imperiale che ci ha rovinato la vita-
    -Possano bruciare nei rispettivi fuochi-
    S’unì Aleksej.
    I due uomini finirono d’un fiato gli alcolici ed Aleksej s’alzò, lasciando lo sfregiato a contemplare la varia umanità che popolava il locale.
    Non aveva un posto dove andare o dove ripararsi dalla neve, quindi avrebbe ordinato un’altra pessima birra.
    E poi un’altra.


    Ora, chi mi segue nei miei vari racconti a questo punto potrebbe trovarsi spiazzato, a chiedersi come mai ancora non si è vista azione… Non vi preoccupate, non mi hanno rimappato il cervello, l'azione arriverà ben presto!
     
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  4. iron93
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    Non male dahu
    Io già pregustavo la scena dello sfregiato che veniva smaciullato di botte dagli Arbites... peccato.

    Solo una cosa parli di "vostroyano"...
    Credo che il termine più adatto sia dialetto vostroyano
    L' Imperium parla basso gotico, le varie lingue planetarie o continentali sono dialetti che dubito un extramondo possa conoscere anche se ha vissuto a lungo con dei vostroyani
     
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    Io parlo di lingua vostroyana perché mi sembra ridicolo definire dialetto un idioma condiviso da un intero pianeta…
    Quanto alla singolare cultura di questo veterano non meglio definito che risponde al nome di Kevin… Non è la sua unica particolarità, a ben guardare si tratta di un soggetto molto singolare, per quanto all'inizio molti riferimenti possano apparire senza senso.
     
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  6. Lord-B
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    Che dire? Se hai intenzione di scriere un racconto sul 40k ambientato nella criminalità e non nella gierra più totale tanto di cappelo per la pensata XD
     
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  7. iron93
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    Come vuoi, ma tieni conto che dal punto di vista dell' Imperium che è composto da millemila mondi (purtroppo) un pianeta è equivalente alla nostra cittadina
    Inoltre si parlerò un tipo di dialetto vostroyano nella hub metropolitana principale, un altro nei bassifondi, un altro ancora nel formicaio X e un altro ancora nel formicaio Y
    In ogni caso si tratta di una piccola inezia.

    Per il resto vedrò come si sviluppa sopratutto perchè mi sembra decisamente originale come racconto sia per il protagonista (credo sia Kevin) che le comparse e per l' ambientazione
     
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    Vostroya ha una sua lingua specifica, discesa per canon da svariate lingue slave ^.^
    Solo che il nostro Dahu ha sbagliato a scrivere il nome del pianeta xD
     
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    Ma ora su, continua!
    Che l'opera è apprezzata e promette interessanti sviluppi.

    Solo una cosa: la data specifica di quest'evento qual'è?
     
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    Sono senza connessione internet abbandonato in una remota località della valsusa nota come sestriere. ..
    Appena metto le zampe su una chiavetta posto!

    Per quanto concerne la datazione, tu conosci la timeline dei miei personaggi (se spoileri ti uccido) e quindi sai a cosa mi riferisco nel dirti un anno, un anno e mezzo prima dei fatti narrati in "Incursore Alfa".
    In contesto BOH, visto che ci sono personaggi apparsi nel Lupo che io presto alla saga più tetra di IC cosi che possano portare il buonumore, per il sogno inconfessabile della nostra haremita preferita parliamo di tre anni prima.

    Terminata questa divagazione, ringrazio tutti per l'apprezzamento e faccio partire il quiz (dany sei escluso):
    "Chi è questo Kevin?!" "E Aleksej chi è?" Ma soprattutto "perché la birra vostroyana fa così schifo? "
     
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  11. Lord-B
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    Bhe , scommetto che la birra fa' cosi schifo perché in realta dovrebbe essere vodka XD
     
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    Mentre ancora nessuno ha tentato di dare risposte esaustive alle domanda davvero interessanti che il Lupo nell'ombra suscita…. Ecco un nuovo corposo pezzo!

    RICORDI DI GELO

    Kevin si destò all’improvviso, svegliato dal suono di passi, resi lievi dalla neve.
    Era sdraiato nell’androne di un palazzo residenziale, disteso in posizione fetale sul duro cemento, gli arti stretti al tronco nel tentativo di scacciare il freddo intenso.
    Nonostante la temperatura, ampiamente sotto lo zero, aveva il viso imperlato di sudore a causa dei terribili incubi che, come ogni notte, avevano violentato il suo sonno.
    I due uomini che lo avevano destato si arrestarono a un passo da lui e presero a parlare in un vostroyano stretto e dialettale, che lui capiva a fatica, per quanto fosse già perfettamente lucido.
    -Un altro disgraziato ammazzato dal freddo… Sarà stato troppo ubriaco per rientrare a casa-
    -Probabile, oppure non ce l’aveva proprio una casa, guarda lo zaino che ha sotto la testa, sarà stato un clandestino-
    Kevin sentiva gli occhi degli uomini su di se e si chiese se fosse il caso di mostrarsi vivo, ma sentiva gli arti intorpiditi e non voleva trovarsi a discutere in una posizione di svantaggio, con le gambe che avrebbero potuto non reggerlo.
    -Ehy, guarda che begli scarponi!-
    -Sembrano una qualche dotazione militare, devono valere parecchio!-
    Le voci erano eccitate e lo sfregiato inspirò un paio di volte, pronto all’azione.
    -Dai, sfiliamoglieli!-
    -No, tu sei pazzo, guarda i cristallini di ghiaccio, quella roba gli si è gelata addosso… Torniamo questo pomeriggio, adesso non riusciresti a levarglieli-
    Il primo uomo parve riflettere per qualche istante.
    -Già, hai ragione, torniamo più tardi… Speriamo solo che nessuno ce li freghi!-
    Kevin sentì i passi dei due allontanarsi ed il portone chiudersi alle loro spalle, ma rimase ancora in ascolto.
    Solo quando fu certo che in strada non vi era nessuno aprì gli occhi, che gli restituirono un paesaggio illuminato della luce azzurrina dell’alba.
    L’uomo dal volto sfregiato si batté ripetutamente i pugni sulle gambe, in modo da riattivare la circolazione, quindi si alzò con estrema cautela.
    I vestiti gli si erano ghiacciati addosso ed un movimento troppo brusco avrebbe certamente lacerato il tessuto irrigidito.
    Con gesto stanco si gettò lo zaino in spalla e si avviò lungo la strada innevata, zoppicando malamente a causa della circolazione non ancora del tutto ripresa.
    Aveva le ossa doloranti, come se fosse stato picchiato ripetutamente e la sensazione di intirizzimento e fatica che provava gli ricordò immediatamente la battaglia di Ultima Cryon, un planetoide congelato dove molti suoi compagni giacevano ancora ibernati.
    In molti non si erano svegliati al mattino, rimanendo immobili nelle pose del sonno o della sentinella, con il fucile eternamente puntato verso il nulla.
    In quel mese d’inferno il gelo aveva fatto più vittime degli orchi.
    L’uomo sbuffò, sforzandosi di rievocare nella sua mente quel vecchio campo di battaglia; dovevano essere passati almeno vent’anni, forse venticinque.
    Lo sfregiato fece ruotare le spalle e le articolazioni scricchiolarono sonoramente, dandogli immediato sollievo.
    Stava camminando senza meta, ma il movimento permetteva al suo corpo di riprendere temperatura.
    I morsi della fame si fecero sentire all’improvviso.
    Kevin imprecò mentalmente, era da quando era sbarcato dal mercantile interstellare sul quale era clandestino, che non mangiava nulla.
    La mano destra raspò nella profonda tasca della giacca verde oliva, dove scoprì alcune banconote stropicciate.
    La strada era ora più frequentata, poiché il turno di notte delle fabbriche era terminato e gli operai rincasavano.
    Dopo aver imboccato un vicolo particolarmente squallido, Kevin individuò una spoglia bancarella appartenente ad una decrepita vecchia e trasformò i suoi ultimi tre troni in un grosso panino farcito di carne che lui, esperto soldato, sospettava fortemente essere di topo.
    La cosa non gli dispiaceva; nelle trincee il topo era considerato un ottimo pasto.
    Vagò per le strade per tutta la mattina, ma non osò uscire dal quartiere, poiché su ogni strada principale che portava fuori da Grudtal vi era una pattuglia dell’Adeptus Arbitres.
    La sera precedente era stato fortunato, ma la sua lingua lunga avrebbe potuto metterlo seriamente nei guai con gli Arbitres, senza contare che era senza documenti d’identità; meglio non rischiare.
    Anche alcune aree del quartiere erano inaccessibili, guardate da arcigni vostroyani tatuati che lui immaginò essere membri dei Lupi.
    Anche da costoro preferì tenersi alla larga, poiché la sua carnagione bronzea e gli occhi scuri lo denotavano chiaramente come un extra mondo, impedendogli di passare inosservato.
    A mezzogiorno meno venti era appoggiato ad un muro, nel vicolo di fronte alla casa il cui indirizzo aveva ricevuto il giorno prima da Aleksej.
    Osservò la zona per un quarto d’ora e vide cinque membri dei Lupi fare il loro ingresso nell’edificio; un brutto palazzone di cemento dall’aria trasandata, come ve n’erano molti a Volgarft.
    Quasi tutte le finestre erano sostituite da cartoni o pannelli di plastica, quando non erano direttamente murate, ma anche le poche in vetro non dovevano illuminare particolarmente bene l’interno, poiché erano macchiate da anni di fumi delle fabbriche.
    L’uomo si liberò dei cartoni sotto ai quali si era riparato dal freddo e, accompagnando il gesto con uno sguaiato sbadiglio, si avviò verso l’edificio.
    Il suo istinto gli mandava continui segnali d’allarme e lui si sentiva particolarmente a disagio, poiché non aveva alcuna arma con se.
    Non appena spinse di lato il vecchio portone di ferro, Kevin si ritrovò in un vasto locale impolverato che un tempo doveva essere stato la hall di un albergo, poiché nella fioca luce che filtrava attraverso un paio di finestre rotte, si distingueva chiaramente un lungo bancone, fiancheggiato da due imponenti scalinate in cemento.
    Seduto sul vecchio bancone, proprio accanto ad un grosso campanello di ferro, vi era un uomo di dimensioni considerevoli.
    Indossava un pesante giaccone, pantaloni militari e scarponi che lui riconobbe immediatamente come una dotazione dei primigeni vostroyani ed aveva la parte sinistra del volto tatuata, come ogni altro centimetro di pelle visibile, ad eccezione della testa rasata.
    Kevin non si voltò, ma lasciò che i suoi occhi vagassero sulla penombra, sforzandosi di individuare tramite i suoi sensi tutti e cinque gli uomini.
    Due erano dietro di lui, uno era in piedi, poco discosto dal pelato, ma del quinto uomo non vi era traccia.
    La voce si fece sentire; raschiante e fastidiosa, come un gesso sulla lavagna.
    -E così tu sei l’extra mondo che vuole un lavoro…-
    Sorprendentemente a parlare non era stato il pelato, che Kevin aveva individuato subito come leader del gruppo, ma uno degli uomini alle sue spalle.
    Lo sfregiato si voltò di tre quarti, dando un’occhiata al suo interlocutore.
    Si trattava di un omone che, probabilmente per dimostrare il suo essere un vero duro, portava il giaccone aperto a rivelare una canottiera grigia che metteva in evidenza i suoi imponenti pettorali.
    Come il pelato, anche questi aveva un naso schiacciato da pugile ed un viso spigoloso, che non tradiva alcuna emozione.
    Kevin non rispose, limitandosi a guardare l’uomo con ostentata indifferenza.
    Gli occhi grigio azzurri del vostroyano si piantarono in quelli scuri dello sfregiato e non si abbassarono.
    -Puoi anche abbassare quello sguardo da duro, io sono Pyetr e ho già visto tutto-
    Kevin continuò a fissare l’uomo, senza tradire alcuna emozione, tanto che il vostroyano perse improvvisamente la pazienza e, estratto il grosso revolver a proiettili solidi che portava infilato nella cintura, lo puntò contro la sua testa, armando il cane.
    -Non mi fai impressione hai capito?!-
    La voce del vostroyano era alterata.
    Kevin si voltò, ignorando sdegnosamente la canna dell’arma, a meno di dieci centimetri dal suo cranio, e si rivolse al pelato con un tono di voce pacato ed indifferente, quasi che la situazione non lo riguardasse in prima persona.
    -Richiama il tuo cane da guardia, non sono qui per giocare a chi ce l’ha più lungo, sono qui per un lavoro-
    Dopo un istante di silenzio, Kevin parve improvvisamente rendersi conto della pistola e si voltò verso l’uomo che la reggeva.
    -A proposito Pyetr, la prossima volta che mi punti contro un’arma, te la faccio ingoiare con tutte le pallottole-
    Il vostroyano parve sul punto di saltare addosso allo straniero, che aveva una massa muscolare evidentemente trascurabile rispetto alla sua, ma il pelato lo fermò con un gesto.
    -Aspetta Pyetr, lo ammazzerai dopo questo sbruffone… E dimmi “cuor di leone” per quale motivo vorresti lavorare per noi?-
    La domanda rivolta a Kevin era chiaramente sarcastica, e questi concesse al pelato uno dei suoi ghigni ironici.
    -Mi servono soldi per il parrucchiere, problema che certo tu non hai… E poi ho fame, non so se rendo l’idea…-
    Il Pelato annuì piano ed il suo viso duro si aprì in un mezzo sorriso.
    Fece per parlare, ma Kevin lo precedette.
    -Ah, comunque non ho intenzione di ammazzare nessuno qui, quindi puoi anche richiamare il tuo uomo sul pianerottolo, gli staranno venendo le ginocchia quadrate a forza di stare accovacciato dietro al parapetto.-
    Il pelato non riuscì a mascherare un certo stupore; aveva scelto di incontrare lo sconosciuto in quella penombra proprio per rendere difficile l’individuazione dei suoi uomini, eppure lo straniero aveva impiegato meno di due minuti per localizzarli tutti.
    Evidentemente il vecchio Aleksej non si era sbagliato nel raccomandarlo come un elemento valido.
    -Va bene, abbiamo un lavoro per te. Se il risultato ci soddisfa, forse ce ne saranno altri.-
    Kevin rispose con voce atona.
    -Quanto?-
    -Cento troni per portare un camion di merce fuori città-
    Il freddo tono del vostroyano chiariva senza dubbio che non vi fosse possibilità di trattare sul prezzo, quindi lui annuì piano.
    -Mi sta bene-
    Disse semplicemente, quindi accennò ad andarsene.
    -Dove vai?!-
    Ringhiò Pyetr sbarrandogli il passo con la sua imponente figura.
    -Partite subito, il camion è in un magazzino qua vicino, Domovoj ti accompagnerà… Per sicurezza.-
    Così dicendo il pelato indicò l’uomo che, armato di fucile a pompa, stava scendendo le scale, zoppicando lievemente per via della scomoda posizione in cui era stato costretto fino a pochi secondi prima.
    Kevin si avvicinò al vostroyano ed allungò la destra con il palmo in alto, in un gesto inequivocabile.
    -Prima si va, meglio è.-
    Disse nel suo tono sarcastico.
    Il pelato annuì e gli mise in mano un rotolo di banconote.
    -Cinquanta adesso e cinquanta a lavoro finito-
    Kevin fece scomparire il denaro nella profonda tasca della giacca, là dove quella mattina vi erano solo tre troni malandati.
    -Mi sembra sensato.-
    Acconsentì.

    Il camion ad otto ruote motrici; un mezzo normalmente utilizzato dalla logistica militare ma ora riadattato per il trasporto di materiale di scarto delle fabbriche, si arrestò al posto di blocco dell’Adeptus Arbitres, che presidiava l’uscita Sud di Grudtal.
    Un Arbitres senza casco si avvicinò alla portiera del guidatore, sulla quale era ancora evidente l’aquila bicefala, cancellata malamente con una mano di vernice.
    L’uomo alla guida fece scorrere il pesante finestrino, sporco di fuliggine come ogni altra cosa a Volgarft.
    -Cosa trasportate?-
    Domandò l’agente imperiale.
    Il guidatore, un extramondo a giudicare dall’accento e dalla carnagione, rispose con massima naturalezza.
    -Scorie di produzione del settore H287, ferraccio ed altre porcherie per la discarica.-
    L’Arbitres annuì fra se e fece segno ad un collega che si arrampicò sul cassone, gettando uno sguardo al contenuto.
    L’uomo si scostò disgustato.
    -C’è una puzza terribile in questo ammasso di ferro!-
    -Colpa dei liquidi di raffreddamento esausti, e sono anche tossici-
    Rispose il conducente del camion.
    -Allora è meglio che li porti alla discarica di corsa.-
    Commentò il primo Arbitres, facendo segno di passare.
    Kevin ringraziò con un cenno del capo e, chiuso il finestrino, ingranò la prima, mettendo in movimento il pesante automezzo.
    Il camion procedeva sobbalzando lungo la strada innevata che portava fuori città da una decina di minuti, quando l’ammasso di coperte e vestiti gettati dietro ai due sedili del veicolo prese vita.
    Domovoj si liberò del cumulo di indumenti sbuffando ed imprecando per guadagnare il sedile del passeggero.
    -Auff! Stavo soffocando la sotto! Si stava peggio che sotto ad una orchessa!-
    Disse sistemandosi il fucile a pompa sulle ginocchia.
    Kevin sogghignò.
    -Non esistono le orchesse Domovoj, gli orchi si riproducono per partenogenesi.-
    Il vostroyano si voltò di scatto a guardare il compagno di viaggio.
    -Parteno che?! Mi prendi in giro?-
    Il guidatore lo sbirciò di sottecchi.
    A differenza degli altri Lupi che aveva conosciuto, Domovoj dimostrava una certa pinguedine.
    Mostrava evidenti i segni di un passato in cui il suo fisico era stato prestante, ma ora ai bicipiti gonfi faceva compagnia una monumentale pancia da bevitore, che la maglietta a maniche corte, da lui indossata nella cabina riscaldata, non faceva che evidenziare.
    Doveva avere una quarantina d’anni, valutò Kevin, eppure aveva ancora l’aria gioviale di un ragazzino.
    -No, dico sul serio, in pratica gli orchi muovendosi rilasciano spore, poi alcune maturano e diventano altri orchi… Che creano a loro volta spore.-
    Il vostroyano parve riflettere alcuni secondi sulla cosa, poi parlò con voce meditabonda.
    -Quindi… Mi stai dicendo che gli orchi sono tutti maschi?-
    Kevin sorrise.
    -No, in realtà sono assessuati.-
    -Cioè non hanno il…-
    Lo sfregiato si strinse nelle spalle.
    -Non vedo a cosa possa servirgli.-
    Domovoj scoppiò a ridere sguaiatamente, rovesciando la testa all’indietro e parve non riuscire più a fermarsi.
    Infine si forzò a parlare, pur inframmezzando le frasi a causa degli accessi di riso.
    -Questa è veramente la più bella che sento da un pezzo! Gli orchi senza il coso!-
    L’uomo si asciugò le lacrime con il dorso della mano.
    -E poi tutta la cosa delle spore, sembrava proprio vera! E come la dici serio! Mi fai morire Kevin, sono tutti fulminati come te sul tuo pianeta?-
    Il guidatore si lasciò sfuggire una breve risata.
    -Guarda che non ti sto prendendo in giro Dom!-
    Protestò senza troppa convinzione, provocando una nuova risata del vostroyano.
    -Se come no?! Ah, sei proprio un racconta balle di prima categoria ragazzo!-
    Il veicolo svoltò dalla strada della discarica, già segnata dagli pneumatici di altri veicoli, ed imboccò una pista innevata completamente vergine che si dirigeva, tra gli edifici sempre più rari della periferia, verso la costa.
    Ogni tanto Domovoj rideva da solo, ripetendo sottovoce la parola “spore”, e Kevin pensò che quel vostroyano gli andava a genio.
    -Quindi-
    Esordì cautamente lo sfregiato.
    -Cosa stiamo trasportando sotto quel ferraccio puzzolente?-
    L’odore del carico era davvero fastidioso, nonostante la cabina fosse isolata.
    Del resto si erano personalmente incaricati di rovesciare alcuni barili di liquido, risultante dalla putrefazione del pesce, nel cassone; onde evitare controlli approfonditi da parte degli Arbitres o della polizia.
    Domovoj si fece improvvisamente serio e rispose con tono che non ammetteva repliche.
    -Un carico di curiosi.-
    Kevin rise tra se, pensando che lui, probabilmente, avrebbe dato la medesima risposta.
     
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    In quel mese d’inferno il gelo aveva fatto più vittime degli orchi.

    Oi, who'z 'heze orcs yahr talking 'bout?
    'ere dah ORKS, uz! Dah ORKS 'ere made fo' fighting un' winning un' claimin' lifs foh Gork.
    Or whoz' et Mork?
    Dunno bout 'ere ar dah ORKS!


    CITAZIONE
    La cosa non gli dispiaceva; nelle trincee il topo era considerato un ottimo pasto.

    El'ena: ...ed è anche ar'kosir...
    Decaius: Non trovi vagamente offensivo che una delle cose che possiamo mangiare facilmente sia una che striscia per terra, è economica e la si trova ovunque?
    El'ena: ...siamo proprio haraemiti.
    Decaius: ...già.
    Aurelios: Yum, rat-burgers!

    CITAZIONE
    si distingueva chiaramente un lungo bancone, fiancheggiato da due imponenti scalinate in cemento

    El'ena: eh, la Tempenny Tower!
    Decaius: Tempnecka Towerina...
    El'ena: ...non mi correggere.

    CITAZIONE
    e, estratto il grosso revolver a proiettili solidi che portava infilato nella cintura, lo puntò contro la sua testa, armando il cane.

    Credo che se dici "revolver" il "a proiettili solidi" non serva a molto...per non dire niente xD
    Ti direi di toglierlo :)
    Le hand-guns (pistole, ndr) imperiali sono tutte a proiettili cinetici.
    Per le armi laser si usa las-pistols o lasergun-pistols ^.^

    CITAZIONE
    Lo sfregiato si voltò di tre quarti, dando un’occhiata al suo interlocutore.
    Si trattava di un omone che, probabilmente per dimostrare il suo essere un vero duro, portava il giaccone aperto a rivelare una canottiera grigia che metteva in evidenza i suoi imponenti pettorali.

    Decaius: El'ena? Elysia chiama El'ena...torna tra noi.
    El'ena: Ehi, ho delle fantasie mentali che tu mi stai funestando. Lasciami immaginare la scena.
    Decaius: ...quale?
    El'ena: *finge di lanciare una saponetta allo schermo e poi schiocca con la lingua per imitare lo scoppio di una frusta* Who's going to be who's bitch, here?

    CITAZIONE
    -A proposito Pyetr, la prossima volta che mi punti contro un’arma, te la faccio ingoiare con tutte le pallottole-

    El'ena: Wooooooooooooooh! Contesto omo-erotico al massimo, qui!

    CITAZIONE
    -Cento troni per portare un camion di merce fuori città-
    Il freddo tono del vostroyano chiariva senza dubbio che non vi fosse possibilità di trattare sul prezzo, quindi lui annuì piano.

    Decaius: L'offerta non è brutta. Se non paga lui la benzina, i 100 sono al netto...lavorando a questa tariffa per qualche mese, potrebbe permettersi un viaggio in quintultima classe quando non vorrà più stare su Vostroya.
    *El'ena tira letterali manciate di biglietti da 20.000 troni allo schermo nella speranza di tornare ai due omoni e vederli mentre si picchiano, unti e sudati e possibilmente nudi*

    CITAZIONE
    Kevin fece scomparire il denaro nella profonda tasca della giacca, là dove quella mattina vi erano solo tre troni malandati.

    Daen: Eh, il ragazzo ha rimediato 47 troni senza fare nulla...lo facciamo haraemita onorario?
    *El'ena è lì che continua a tirare soldi allo schermo, frustrata dal cambio di scena*

    CITAZIONE
    orchessa!-

    Thraka: Woz' that? 'ere yahr dah ORKS! 'ere yahr dah BOYZ! WAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAGH!

    Dahu, continui a scrivere "orchi"...è sbagliato, quelli GW sono "orki" solo e sempre ^.^
    Domovoj non l'ho già incontrato in una altra tua storia? Mah.
    O forse petyr?
    Fai un riferimento a 20-25 anni prima, il che ci riporta a...

    ...ma parlando del pezzo: ha un buon ritmo, decollando dopo una prima parte che è riassumibile come "Kevin cammina per la città", per concludersi con quel "un carico di curiosi" che apre bene l'interesse per il prossimo pezzo.
    Non ho visto sensibili errori, tranne quel tuo persistere con "orchi" invece di "orki" xD

    Solo una nota: i dialoghi.
    Ti chiederei di prestarci un po' di attention in più. Non troppa, ma qualche volta capita l'impressione che si stia leggendo il dialogo di uno come quello di un altro. Il salto a capo in certi casi è ottimo, in altri crea una strana

    sensazione. Come se la lettura avesse una

    interruzione,
    tipo un computer che

    Non si carica.


    ^.^
     
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  14. Lord-B
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    Letto e devo dire che è figo , ora però sono curioso di sapere cosa c' è nel retro del camion...


    ...aspetta. È un carico di curiosi quidi se sono curioso mi ci mettono anche a me?
    Mmmmh non sono sicuro , ci devo pensare U.U
     
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  15. iron93
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    Educazione siberiana in Vostroya?
     
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46 replies since 19/11/2014, 20:47   662 views
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