Dagli occhi di una Guardia

immedesimazione in una guardia imperiale

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    Quando inzia un assalto planetario si vivono varie emozioni.

    Quando il commissario V. attraverso il Vox da l’annuncio di essere arrivati nell’orbita del pianeta si ha la certezza che non andremo a raccogliere primule e frutti di bosco, se una guardia l’ha mai fatto, e quando la flotta si scontra con gli eretici o gli xeno o simili, chi non è impegnato attivamente nel combattimento si raduna in silenzio, a pregare fervidamente l’Imperatore di non morire nel vuoto dello spazio. Io prego cercando di non farmela addosso.

    E’ una cosa che ti trasforma, mette alle prove le reclute e anche i più saldi veterani. Le pareti rimbombano e tremano, il personale di servizio che corre, allarmi e luci rosse ovunque, gli annunci, le crisi delle reclute che a volte son propri e veri shock culturali (una volta un harakoniano ha dato di matto e cercato di farci a pezzi), le pareti che tremano, le sezioni di armi pesanti che si tengono pronte per eventuali assalt - iellatori maledetti - le speranze dei soldati che sorreggono gli scudi della nave , la morte quando un colpo passa e crea una falla, i commissari che incitano tutti e tutto Può durare ore o anche giorni questa bolgia dove almeno una volta corri il rischio di perdere la tua salute mentale.

    Poi cessa. La vita o la battaglia. E nel secondo caso passi, o meglio ripassi, nei corridoi, fra i ponti, con le luci ora normali, con un ronzio metallico di sottofondo, con la manutenzione diretta da qualche Magos di basso rango lesta a riparare i piccoli grandi danni mentre navicelle girano attorno alla nave per le altre riparazioni. E sai che stanno per mandarti a terra per il macello in nome dell’Imperatore.

    E la sera la tensione accumulata esplode, noi galantuomini esplodiamo in insulti, urla, gestacci, esibizioni degli attribuiti all’indirizzo del nemico sul pianeta, proclamazioni di imprese eroiche, ancora attributi al vento,birra e liquori a fiume, amori leciti e non che si consumano negli alloggi della nave. Eh sì, qualcuno anche prega ma i più si dedicano prima di dormire all’autoertismo. Io mi dedico fortemente al pensare al caporale Monika.

    Gli ufficiali non muovono un dito per fermare ciò; sanno benissimo che sarebbe inutile e che un colpo alle spalle sul campo può sempre arrivare, ma sanno anche che quando la sirena suona torneremo tutti composti e silenti. La sirena suona e così accade. Migliaia di anime riprendono coscienza di sè, si ricompongono, preparano la giberna e si fanno trovare pronti nelle stive ed entriamo a dozzine nei Valkirye. Ci sediamo e la tensione sale.

    I mezzi si staccano ed incominciano a volare nei corridoi previsti tra i campi di tiro incrociati. Talvolta capita di essere colpiti. Ma tanto noi ci dobbiamo rimanere seduti dentro, con le maschere che ci pompano ossigeno “corretto”, non è che abbiamo possibilità di lamentarci del vitto. Nuove urla, il vomito che sale. Qualcuno piscia. Davvero è un gran fetore qua dentro, stramaledette reclute. Ad un certo punto le batterie di razzi sotto le ali tuonano tutte insieme, pehm, per liberare il possibile atterraggio da eventuali presenze ostili. Ma il momento clou, qquello che aspetti per cui sei sopravissuto per tutto l’addestramento ed ad infinite guerre, quello che vuoi perchè se rimani dentro ancora un po’ impazzisci o sbocchi a tua volta, quello che brami perchè desideri solo uscire da quella maledetta scatola di latta volante che sembra calamitare ogni colpo di ogni nemico del pianeta, è mettere piede a terra. Possibilmente da vivo.

    Il volo è ormai orizzontale. Il sergente ci riscuote. Ci slacciamo le cinture e ci prepariamo allo sbarco. Il Valkyrie trova, o meglio ha creato, un cratere abbastanza grande e ci plana dentro. Noi dietro al portellone aspettiamo che la lama di luce riverberi sui nostri caschi, se ci va bene scendiamo incolumi, se ci va male c’è qualcuno ben nascosto con un mitragliatore piantato su di noi, se ci va molto male quello dietro di me vedrà la nuvoletta rossa e rosa del mio cervello davanti a sé prima di morire a sua volta. Tonfo, tre secondi, lama di luce, niente nuvoletta rosa e rossa,sono ancora vivo, culo.

    Sgusciamo fuori dal veivolo come farebbero gatti incazzati da un sacco. Non si pensa, si agisce. Gli automatismi dell’addestramento ora si fanno sentire. Io so già che devo correre verso il bordo appoggiarmi al riparo, evitare di farmi risucchiare da un rotore del Valkyrie e non radunarmi al centro. Perchè morire per un mortaio sculato mi scoccia.

    Ora bisogna uscire solo da questa stramaledetta buca. Guardo Monika, il sogno erotico del reggimento, alla mia destra, Mario, un pivello nuovo, alla mia sinistra. Sbirciamo tutti e tre contemporaneamente. Tutti e tre vivi. Tocca a noi sfilarci in avanti. Strisciamo sul territorio brullo stando incollati a terra. Metà di noi avanzano, l’altra metà ci copre. Ci sparpagliamo dietro ai ripari che troviamo. Un mezzo tronco, un sasso grosso, un pezzo di lamiera capitato chissacome lì.

    Altra occhiata. Trincea libera ore 12. Il sergente S. Lancia un segnalatore di posizione lì dentro. Ora quel buco diventerà un approdo per Valkyrie. Se c’è una stronzata sulla guerra è che si arriva, si sbarca e si combatte sempre in piedi. In piedi ci stai quando bisogna correre in fretta, altrimenti a terra. Quindi striscio. Strisciando arrivo al bordo della trincea, lancio due granate di sicurezza. Niente strilli e strepiti, è vuota. E’ una condotta dell’acqua completamente aperta dal bombardamento.

    Mi raggiungono anche gli altri, il sergente ci conta, la nostra sezione armi pesanti spacchetta l’attrezzatura. Imperatore grazie che non mi hai fatto così scarso al tiro da convinvere il mio sergente istruttore che era meglio per me girare i campi del 40esimo millennio portandomi appresso un treppiede ed una scatola di munizioni. Grazie davvero.

    Il sergente è un fine stratega. Quando non sa cosa fare “mantenere la posizione e metterla in sicurezza”. Tradotto stare al riparo e sparare ad ogni cosa ci paia ostile. Per fortuna il Capitano C. Arriva. Ho grande stima di lui, riesce a farsi rispettare da una manica di farabutti come noi ed ad interagire con il sergente senza dare la senzazione di volerlo malmenare.

    “Sergente ha scelto una bella posizione!” il Sergente S. non brillerà per acume ma è fortunato, cosa che ci garba. “Allora uomini” dice il Capitano C. di fronte al Sergente e a quei tre o quattro lì presenti “lì ci son gli eretici del pianeta, hanno armi pesanti ma i rilievi dall’orbita non hanno scansionato grandi formazioni meccanizzate. Qui c’era un bosco, ma la rivolta e il nostro bombardamento hanno fatto diventare questa area una landa butterata di fronte al Formicaio F. Nostro obiettivo della giornata è avanzare e raggiungere la nostra punta di lancia formata dai Lupi Siderali, spazzare quello che resta della feccia eretica piazzata a difesa del Tempio T. , stabilire un perimetro di sicurezza e fondare il campo.” Si sono un pessimo ascoltarore ma i piani della guardia non sono mai troppo complicati, specialmente mentre si combatte. Lì c’è il nemico, lì dobbiamo andare per sparargli addosso.

    Il tempo di questo pausa arrivano come noi i primi manipoli, le prime squadre, si delineano i plotoni e si incomincia ad andare avanti. Per primo Mario, perchè nuovo, poi io , perchè sto sull’anima al Sergente, terza Monika, perchè potremmo morire tutti ma almeno gli altri vedranno per un po’ un bel culo. Sul manuale tattico ciò è chiamato “avanzamento con ricognizione preliminare” all’atto pratico si avanza finchè qualcuno non muore o si fa male. Mario cade, probabilmente morto, lì c’è il nemico. L'estema semplicità dei piani della Guardia.

    Edited by Chernikov - 24/6/2019, 23:15
     
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    L'estrema semplicità dei piani della Guardia. Bello davvero.
    Si vede che lo hai scritto di getto, anche leggendolo ti viene di farlo velocemente, ed infatti c'è qualche imprecisione da velocità ma va bene comunque.
    Stona solo una ripetizione:
    CITAZIONE
    nelle fervidamente, nel silenzio, a pregare fervidamente

    però vabbè capita di cambiare idea.
    Dai sembra interessante, soprattutto per la visione particolare di questa Guardia, seguo.
     
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    CITAZIONE (Raistlin94 @ 24/6/2019, 11:34) 
    L'estrema semplicità dei piani della Guardia. Bello davvero.
    Si vede che lo hai scritto di getto, anche leggendolo ti viene di farlo velocemente, ed infatti c'è qualche imprecisione da velocità ma va bene comunque.
    Stona solo una ripetizione:
    CITAZIONE
    nelle fervidamente, nel silenzio, a pregare fervidamente

    però vabbè capita di cambiare idea.
    Dai sembra interessante, soprattutto per la visione particolare di questa Guardia, seguo.

    Grazie ^^ in effetti è scritto tutto di getto. Mi è venuto così in un momento in cui in ufficio non c'è molto da fare e i sottoposti non mi molestano con domande banali. Però ogni tanto devo sospendere per lanciare occhiatacce per tenere alta la concentrazione , quindi, quando riprendo non penso minimamente a rileggere ma solo ad andare avanti.

    Per quanto la personalità della guardia, non riuscendo ad immaginare completamente un uomo al 100% del 40k, l'ho allungato con la mia idea di soldato
     
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    In queste situazioni vorrei raccontarvi di come sono stato eroico, ma in realtà, quando sei lì in mezzo contano solo gli automatismi: la mano è andata a cercare la cintura e ha trovato le granate. Senza riflettere ho strappato la linguetta coi denti, sputandola subito dopo, per poi gettare la bomba pressapoco dove sentivo i richiami di qualcuno che si sforzava di guidare gli eretici.

    Esplosione, grida spaventate, carichiamo. Essendo noi avanti a tutti come arrivano alla mia posizione sia io che Monica ci uniamo all’assalto, il fuoco di fucileria è scordinato ma non innocuo. Auch, un eretico con la testa divisa a metà mi spara colpendomi di striscio sulla spalla. Non abbastanza per ferire la carne ma per far cadere un uomo in corsa e fargli fare una brutta caduta per terra, sì. Monika Mi fa la coortesia di mardarlo all’altro mondo.

    Dalla mia posizione vedo i miei compagni con indomito coraggio arrivare davanti alla postazione nemica sparare a bruciapelo, gettare granate, compiere una strage. Pochissimi cadono e misere sono le difese fino ad ora incontrate, mi sembra tutto troppo facile.

    Mi rialzo, vedo della feccia eretica tentare di fuggire. Noi spariamo a queste schiene in fuga. Ormai la nuova posizione è conquistata. C’è n’è uno più lontano, ho tutto il tempo per colpiro. Uno due tre sospiri, il battito che cale, le mani ferme. La posizione di tiro è fondamentale. Una mano sostiene il fucile, l’altra lo tiene stabile, l’occhio allinea la punta con il mirino, il dito preme il grilletto, una leggera spinta all’indietro ed un eretico che cade in avanti.

    Spalla, materiale per l’inquisizione.

    Raggiungiamo la trincea. I graduati rimettono ordine nei ranghi. Mi sporgo un momento e capisco perchè. Di fronte a noi c’è il tempio. Ci sono anche gli eretici. Solo che invece di puntare i fucili contro di noi li rivolgono verso la massa al cui interno, io e tutti, non vediamo nitidamente chi o cosa sta massacrando i nemici dell’imperatore. Ma lo percepiamo. I gli space marine sono all’opera.

    Il capitano ci incoraggia e ci fa disporre su due file. Facciamo qualche passo in avanti. Prima fila in ginocchio. “Puntate!”, ma istintivamente ero già pronto. Sento, anzi, voglio ammazzarli tutti. Qualche eretico si volta. “Fuoco! Fuoco! Fuoco!”

    Una, due, più salve si susseguono. Lampi laser saettano in avanti e colpiscono la massa di fronte che si muove, si contorce, si gira come un mostro, le voci si uniscono in un unico, immenso, arrabbiato verso. Sembrano arretrare poi si lanciano in avanti privi di paura animati da qualche ufficiale traditore o dalla loro fede empia. Non lo so, io so solo che se non lo facciamo ci uccideranno loro. Il Sergente quando vede che non desistono, estrae la spada potenziata e urla “carica”.

    Gli ultimi due miei colpi assolvono un traditore. Non penso più. Infilo la baionetta del mio fucile in ogni cosa non mi sembri una guardia o sparo nella massa con effetti devastanti sulle carni umane e non. Sono dietro al mio sergente. Ad un certo punto gli si para davanti quello che era un commissario imperiale o meglio la caricatura di un commissario imperiale. Niente più aquile imperiali sostituite dal cerchio ad 8 punte. Il ghigno fermo della bocca non è di certo umano.

    Sfida il nostro sergente in cerca di favore dei suoi dei. Come incrociano le spade la marea nemica sembra farsi più salda e furiosa. Il nostro sergente ribatte a tutti i colpi, prova un affondo ma il traditore ne approfitta, schiva e gli sfonda il petto. Sembra che l’orda abbia avvertito questo piccolo trionfo e diventa ancor più furiosa.
    Io cado a terra per il colpo con un calcio di fucile da parte di un essere metà uomo, metà pesce. Il capitano è a pochi passi impegnato in un duello altrettanto mortale contro tre nemici. La brama e la cupidigia guidano il commissario traditore che non mi nota e fa per scavalcarmi. Sono scombussolato ma con un barlume di lucidità afferro da terra un fucile e glielo pianto fra le gambe premendo il grilletto fino in fondo. Un urlo di dolore, prima che i laser si facciano strada nella carne bruciando visceri e organi arrivando alla testa la quale letteralmente salta. Il suo cadavere crolla sopra di me.

    Sono bloccato potenzialmente in balia dei nemici. Esplosioni. Esplosioni e ancora esplosioni, una mano mi afferra e mi libera. Vedo il sorriso di Monika, mi perdo per un istante nell’infuriare della battaglia nei suoi occhi azzurri. Mi tira uno schiaffo e mi trascina dietro un riparo improvvisato. Non parla, sarebbe inutile con il rumore. La vedo indicare qualcosa. Sono ancora stordito, ci metto un momento a focalizzare l’immagine. Un Leman Russ, un nostro Leman Russ! E’ finita. I mitragliatori requiem falciano i nemici. Ora fuggono in rotta disperata verso la città. I baselisk dalle retrovie incomiciano a sparare. Non vorrei essere lì in mezzo.

    Mi aiuta a mettermi in piedi. Il campo appena finita la battaglia è uno spettacolo unico. Soldati che finiscono gli eretici agonizzanti a terra o che controllano che siano effettivamente morti. Ogni tanto qualcuno viene trovato abbastanza vivo per le cure dell’inquisizione. Moriranno con dolore ma non ne provo pena. Sono eretici, hanno rifuggito il verbo dell’imperatore, non esiste pietà per loro.

    Vedo per la prima volta uno space marine in lontananza. Esseri descritti dai veterani come macchine di salvezza e morte. Una forma superiore di esseri umani. Più forti e abili di qualsiasi nemico. Insensibili a fame, intoccabili dalla malattia, privi di paura. Istintivamente sento il bisogno di segnarmi e di rendere gloria all’Imperatore per quella visione.

    Infine gli infermieri raccolgono e caricano i feriti sui chimera, altri recuperano i caduti cercando di dar loro degna sepoltura; i preti danno le ultime parole di conforto ai moribondi e le ruspe dove possibile incominciano a preparare il terreno per il campo. La vita dopo la morte.

    Qualcuno viene a sincerarsi delle mie condizioni. Monika mi è rimasta accanto. Sentiamo una voce che chiama la nostra squadra. Oltre al sergente sono morti tanti altri. Il capitano ci raduna. Ha una parola per tutti, un complimento, un incitamento. Si distribuiscono stecche di cioccolata, ne prendo una e mangio subito un quadrato. La lascio sciogliere in bocca per risparmiarmi questa fatica, e per conservarne il resto; non sempre le salmerie sono così rifornite. Passato lo stordimento, mi rimetto in piedi autonomamente. Chi può mi imita, Monika al mio fianco mi sfiora la mano con la sua.
     
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    Bel pezzo concitato, anche se un po' breve, sopratutto per questo genere di battaglie.
    Sei bravo a scrivere ma attento all'uso della virgola e ad alcuni piccoli errori.
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    io e tutti

    Sono errori del cacchio, ad esempio questo è il più grave, quindi se migliori la cosa il tutto ci guadagnerà tantissimo dato che un po' urtano la lettura.
    CITAZIONE
    verbo dell’imperatore

    Parli attraverso la bocca e la mente di un fedele servo dell'Imperatore quindi ti consiglio di usare il maiuscolo per i termini come Verbo e soprattutto per l'Imperatore (eh che cazzo, non fare l'eretico).
    Mi sarei soffermato di più sul vedere in lontananza un Astartes e ciò che provoca in lui. Hai liquidato il tutto con due frasi, sono super-uomini enormi in mega-armature che massacrano senza problemi ciò che per la Guardia può essere un avversario insormontabile. Inoltre sono avvolti nella leggenda, è rarissimo per un Guardia vederne uno e sopravvivere, soprattutto perchè sono pochi e vengono usati nei conflitti più incasinati con tassi di mortalità, per i semplici umani, altissimi.
    Nel racconto che stavo scrivendo, "Sangue e Potere", descrivo l'incontro di un Angelo Oscuro con una guardia ed uno skitarii ed i due sono totalmente terrorizzati dall'avere di fronte un Dio della Guerra dagli occhi rossi. Ricorda che la stessa armatura tattica, per quanto dalla forma umana distorce questa forma rendendola terrificante.
     
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    CITAZIONE (Raistlin94 @ 27/6/2019, 13:20) 
    Bel pezzo concitato, anche se un po' breve, sopratutto per questo genere di battaglie.
    Sei bravo a scrivere ma attento all'uso della virgola e ad alcuni piccoli errori.
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    io e tutti

    Sono errori del cacchio, ad esempio questo è il più grave, quindi se migliori la cosa il tutto ci guadagnerà tantissimo dato che un po' urtano la lettura.
    CITAZIONE
    verbo dell’imperatore

    Parli attraverso la bocca e la mente di un fedele servo dell'Imperatore quindi ti consiglio di usare il maiuscolo per i termini come Verbo e soprattutto per l'Imperatore (eh che cazzo, non fare l'eretico).
    Mi sarei soffermato di più sul vedere in lontananza un Astartes e ciò che provoca in lui. Hai liquidato il tutto con due frasi, sono super-uomini enormi in mega-armature che massacrano senza problemi ciò che per la Guardia può essere un avversario insormontabile. Inoltre sono avvolti nella leggenda, è rarissimo per un Guardia vederne uno e sopravvivere, soprattutto perchè sono pochi e vengono usati nei conflitti più incasinati con tassi di mortalità, per i semplici umani, altissimi.
    Nel racconto che stavo scrivendo, "Sangue e Potere", descrivo l'incontro di un Angelo Oscuro con una guardia ed uno skitarii ed i due sono totalmente terrorizzati dall'avere di fronte un Dio della Guerra dagli occhi rossi. Ricorda che la stessa armatura tattica, per quanto dalla forma umana distorce questa forma rendendola terrificante.

    Onestamente non ho idea dell'immaginario di un Astares su una Guardia. Nella serie di Ragnar gli umani per quanto impressionati non mi sembrano particolarmente riverenti, tanto che è descritta una scena dove una Guardia va a chiedere quanto erano soverchianti le forze nemiche ed in altri passaggi umani che curano spaces e amenità varie. In hellreach invece i templari sono visti più come punti di riferimento ma non manca il punto dove le guardie aiutano i templari in difficoltà. Ciò è il motivo per cui ho solo accennato la cosa, anche perchè gli astartes tornenno (i lupi, mica gli altri raccoglitori di margherite) e quindi ci sarà una nuova visione dell'astartes ma sta volta lordo di sangue altrui. Cosa secondo me molto più impressionante ed impattante per un umano. Per un'occhiata da lontano non posso far cacare sotto la mia povera guardia.
     
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    Per un'occhiata da lontano non posso far cacare sotto la mia povera guardia

    Sono Dei della Guerra, ti assicuro che anche solo l'idea che possano essere presenti fa cagare sotto.
    E' naturale che più stanno con gli Astartes più si abituano e collaborano con loro, per un soldato di Armageddon un Astartes sarà solo un soldato d'élite spacca-culi.

    Ti posto tra gli spoiler il capitolo che ti dicevo, se gli dai una scorsa, la cosa mi farà molto piacere. E' il capitolo 4 quello riguardante l'incontro Astartes-umani.

     
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    Mario è soppravissuto. Vivrà e riprenderà a combattere e morirà combattendo perchè è una guardia. Monika è stata nominata sergente in sostituzione di S. Io sono stato nominato caporale in sostituzione di Monika. In sostituzione dei caduti c’hanno mandato alcuni rimpiazzi dalle squadre smembrate. Cinque squadre in piena efficienza sono meglio di otto sottorganico, dice il capitano.

    Il vantaggio è che si è tutti dello stesso pianeta. Niente problemi di lingua o costumi. Il problema semmai è che non li conosciamo bene così come quelli che sono caduti. Per questo la sera, dopo aver eretto le tende, ci sediamo attorno al fuoco a parlare. Ricordi, emozioni, addestramento, casa, amici persi, amici in vita, spacconerie varie. Condite tutte con abbondante acquavite sottratta dalle salmerie.

    Poi il capitano passa e dice di spegnere i fuochi, si va a dormire. Ognuno nella sua tenda. Ma presto arriva da una visita inaspettata. Monika, con la scusa di Orland che russa troppo forte, si insinua al mio fianco e chiude gli occhi. Sento i suoi seni caldi a contatto con il mio braccio e nel ventre basso si celebra un’alzabandiera. La guardo, si è addormentata, è così dolce. Accarezzo un poco la testa e crollo anche io dalla stanchezza.

    La mattina mi sveglio da solo. Come ci vediamo sotto la tenda refettorio per ritirare le nostre razioni, io non faccio parola di cosa successo la notte precedente e lei fa come se nulla fosse. E per abituarsi al ruolo di comando ordina una bella tirata a lucido per la sera. Dopo l’esercitazione a terra di tiro.
    Non so se è stronza lei o io che sento che mi piace.

    La notte torna nella mia tenda. Sta volta non si addormenta subito, mi bacia, la bacio. E sento una sua mano afferrarmi la virilità. Come rappresaglia vado a molestare il suo intimo. Ci baciamo appossianatamente per limitare i nostri mugolii. Una vocina nella mia mente mi suggerisce che gli altri non stanno vivendo momenti altrettanto piacevoli. Non ci penso più quando raggiungo l’orgasmo.

    L’indomani: altra esercitazione di tiro, sta volta, in quanto caporale, devo scegliere la mia squadra di fuoco. Non è un granchè come rango, ma almeno ciò mi pone al di sopra di diverserse migliaia di guardie. Che quando devi lottare per il dolce in mensa non è malaccio. I nuovi almeno sparano dritto ma non quanto i mie vecchi compagni. Per cui mi sforzo di spiegare a questi come ci aspettiamo che sparino. Uno esterna il suo pensiero in merito alla sua abilità di tiro, per lui sufficiente, con gesti che non possono essere fraintesi. Sospiro. Monika sbuffa. Alla fine i novelli me li beccherò io, lo so già.

    A fine esercitazione mi sono accostato a Monika, e senza essere visto da alcuno, le ho detto che mi piace. Speravo un po’ ingenuamente in una sua risposta chiara ed invece ha fatto finta di non aver sentito. Sta notte ho dormito solo e ho sentito per la prima volta il freddo della notte di questo pianeta. Infatti al risveglio, oltre alla solitudine e al freddo della sera, provo dolori alla schiena.

    La mattina stessa il colonello di reggimento mentre siamo tutti a mensa annuncia l’attacco per domani. La maggiorparte accoglie la notizia con un ruggito. Non perchè ne siano felici ma perchè siamo atterrati, cazzo, non ci spaventeremo ora. Volano in aria ciotole di cibo, si sbattono i vassoi di metallo sui tavoli, alcuni salgono in piedi sulle sedie e urlano i motti della propria squadra, compagnia o del reggimento, lodano l’Imperatore, fanno voti sulla futura battaglia, inveiscono i cani eretici. Esco dalla mensa con voce fioca.

    Durante la giornata c’è tanto da fare, bagaglio, razioni, munizioni, controllare e ricontrollare tutto – sì sono un maniaco in questo – ma trovo anche il tempo per andare al punto panoramico dove posso contemplare in lontananza il formicaio F. Le linee di Basilisk martellano incessantemente i sobborghi, mentre i Titani sbarcano ora dalle loro possenti navi. Si sta proprio preparando la battaglia. Domani andremmo all’assalto di quella che era la casa di migliaia di persone. Alcune votate all’empietà altre che si staranno ancora battendo. E io seduto su un muretto di sacchi, guardando davanti a me e quello che potrà accadere domani, mi sento minuscolo.

    Monika mi si è avvicinata da dietro. Non l’ho sentita arrivare ma sento la sua voce dire, quasi supplicare “Domani non farti del male... perfavore.” E prima che possa replicare o anche solo girare la testa se ne va. Donne, io non le capisco.
     
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    Bel pezzo, cista, bella visione introspettiva della guardia. Niente da dire, aspetto le botte.
     
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    La mattina dei grandi attacchi l’aria è sempre leggera,briosa, nervosa, pesante e frizzante allo stesso tempo. Smonto la tenda. Nonostante il moto, mi sento inebetito o sono pervaso da uno strano stato di eccitazione, non saprei dire. Sono confuso o sto pensando troppo. Mi concedo una stilla d’acqua sulle mani e sul viso per riprendere coscenza di me. Mi sento riposato anche se la tensione non mi ha fatto riposare sereno.

    Giornata campale, equipaggiamento leggero. Fucile, elmo, granate, borraccia e baionetta. L’essenziale. Ci aggiungo anche un paio di barrette K. Mi guardo attorno, il campo ancora riposa. Faccio il giro delle tende a rifilare calci alla mia sezione di tiro. Qualcuno mugula, qualcuno sbadiglia, uno bestemmia. Ho svegliato anche Monika. Con un calcetto garbato.

    Nel corso della giornata precedente ho raccolto diverse informazioni avendo dovuto girare per salmerie, dipartimento munitorum e mensa come una trottola. Gli accampamenti sono grandi ma le voci corrono. Hanno fatto una riunione nella tenda comando: i pezzi grossi degli Astartes e del Collegium Titanica ed uno stuolo di ufficiali dietro il faccione del nostro generale proiettato su uno schermo. Hanno parlato di una lancia a cui i Lupi tengono particolarmente. Pure il Princeps non ha mosso obiezioni a riguardo. Per una volta pare che i comandi fossero tutti unanimi nella decisione. Roba che scotta insomma.

    Morale: i lupi si infiltreranno dentro per colpire obiettivi strategici e recuperare questa lancia, noi terremo impegnati il grosso delle formazioni nemiche fuori e tenteremo di entrare dentro. Un attacco frontale o un macello, a seconda dei punti di vista.

    Il campo, mentre l’attraverso, non ha odori, i suoni sono ovattati, sembra ancora sopito. La squadra un po’ tutta ancora sbadiglia o si stropiccia gli occhi. Poi una voce lontana intona una antica canzone che narra la storia di un soldato, disperso nella bufera, mancante di tutto che pur combatte perchè sa che ci sarà un qualcosa di grande dopo. Le mie labbra e quelle degli altri autonomamente si uniscono a questa voce solitaria. La mente diventa leggera, i piedi se ne vanno per conto loro. Arriviamo al chimera. Ci guardiamo in viso tutti mentre qualcuno si fuma una Malborius o controlla nervosamente una tasca temendo di essersi dimenticato qualcosa. E’ l’ultima volta che ci vedremo tutti vivi. Lo so io, lo sanno gli altri, lo sappiamo tutti.

    Arrivano anche i piloti. Pance grosse, barbe sfatte, uno fuma il sigaro e tutti e due il tatuaggio di un reggimento Hellhound sicuramente estinto. Questi hanno visto l’inferno e ne sono usciti. Non penso abbiano voglia di lasciarci la pelle a bordo di un chimera. Mi fa sentire a mio agio.

    “Sgt. Leibenitz e Caporal Kolinsky vostri taxi-driver di oggi” dice quello col sigaro togliendoselo di bocca, mentre l’altro accena un inchino sghignazzando. Non sono del mio pianeta e nemmeno di quello su cui siamo ora. Il loro gotico risente parecchio di un accento nasale natio mai estinto. Mi sfugge appieno la comprensione esatta di tutto quello che dicono ma si fanno capire. “Se i Sir vogliono accomodarsi” fa il sergente “ in 4 minuti standard saremo pienamente operativi”. Presentazioni corte e poco cerimoniose. Stiamo andando a combattere i nemici dell’Imperatore.

    Il chimera è una sorta di seconda tenda per noi: ci spostiamo, ci ripariamo, ci sanguiniamo lì dentro. I più fortunati ci scopano pure. Secondo la propaganda è il mezzo più affidabile che ci sia; lo puoi gettare in acquitrini o in paludi tossiche e niente lo ferma. Ma di sicuro nessuno dell’Administratum si sognerebbe di elogiarne la comodità. Ci posizioniamo dentro secondo gli schemi del regolamento della guardia. A me l’onere di dirigere il fuoco di fucileria in quanto caporale a Monika il compito di tenere traccia del nostro schieramento e parlare con i piloti. Seduta sentirà ogni buca e pacca del terreno, sinceramente non l’invidio.

    Fuori dalla mia feritoia vedo migliaia di uomini, squadroni di cavalieri accanto a quelli di Leman, Basilisk, manticore e grifoni. Stendardi un po’ ovunque. Banablade che emergono su tutti come montagne dal terreno ma sfigurano per la presenza torreggiante dei titani. E’ raro vederli ed è ancor più raro rimanere vivi dopo averli visti. Sinceramente mi sto cacando un po’ sotto per la portata della battaglia.

    Una luce verde illumina il nostro ambiente e pochi istanti dopo scattiamo in avanti. Tutto incomincia tremare e tintinnare. I piloti iniziano una fitta conversazione nel loro dialetto natio. Io e Monika non ci capiamo niente di quello che dicono. Immagino siano discorsi fra carristi per non andare a sbattere l’un con l’altro. Monika si intromette nella conversazione radio, è decisa, è sempre stata così, e con maniere un filo brusche impone che si parli gotico.

    Ora nell’auricolare mi arrivano insulti ed improperi in un gotico ibrido. Ad un certo punto uno dei due dice “tenersi saldi”. Pochi istanti dopo, qualcosa esplode vicino al carro, ci scuote tremendamente, ma siamo vivi. Per un momento la mia visuale è oscurata dai detriti poi vedo un cratere fumante lì dove eravamo noi. Chi è seduto incomincia a fare qualche movimento isterico, le mani che tremano, i denti che battono il continuo stropicciarsi gli occhi, tamburellare lo stivale contro il pavimento. Monika se ne accorge, inizia la litania della calma ma mentre noi tutti recitiamo, l’interfono della cabina passa una comunicazione “Primo salva passata. 100% operativi. In 23 secondi secondo salva, poi si balla. The Empraah is on us. Chiudo”.

    I secondi sono interminabili. Mi ritrovo a fissare il chimera che ho di fronte, che sfeccia a fianco a noi, che ha un’altra squadra, che ha un altro uomo che esattamente come me ora sta fissando il chimera di fronte a sè aspettandosi che esploda. Subito sopra i Valkyrie si librano come libellule cercando di scaricare le loro batterie sulla contraerea senza essere colpita da essa. Nella mia mente si è avviato un orologio con un quadrante diviso in 23 spicchi e con una sola lancetta che percorre ciascuno di essi alla velocità di un secondo. Mancano ancora dieci secondi. L’istinto, o meglio, i riflessi dell’addestramento mi fanno piegare le gambe per assorbire gli urti degli impatti. Ancora pochi secondi, afferro le prese laterali per tenermi sù.

    Tre. Due. Uno. Zero. Esplosioni, ravvicinate in serie, violentissime. Sconquassano ancora il terreno che stiamo attraversando, perdo ancora l’equilibrio, chiudo istintivamente gli occhi davanti ai momenti che potrebbero essere la mia fine. E invece sento le braccia, pietrificate dalla paura, dolermi per gli strattoni che i continui cambi di direzione del nostro chimere mentre gli scoppi sollevano in aria tanta di quella terra che passa a manciate dalla feritoria. Mentre sputo fuori della terra che in qualche modo mi è entrata in bocca sento nell mio auricolare Kolinsky gridare come un invasato “Gloria ai caduti nel nome dell’Imperatore” . Un’occhiata fuori e capisco. Ci stiamo allontanando da un cumulo di lamiere fumanti Il chimera a fianco a noi è stato colpito. Dieci guardie e due carristi morti in un attimo. Potevo essere io, potevamo essere noi. Voglia di vivere, incoscenza e rabbia mi pervadono allo stesso tempo.

    Il fuoco cessa, dalla cabina arriva l’ordine “pronti al fuoco”. Senza vederlo sappiamo che stiamo attraversando l’ultimo centinaio di metri prima delle trincee. Il nostro scopo non è fermarci a combattere con loro. Solo creare un amorevole scompiglio. Accelleriamo. Gli eretici incominciano a sparare coi fucili senza troppa efficacia, il nostro multilaser risponde in maniera mortale. Sappiamo quello che faranno i nostri due piloti: tireranno semplicemente dritto schiacciando sotto i cingoli le teste e i corpi dei traditori che proveranno a fermare noi, strumenti dell’unico vero Dio. Vorrei essere un pilota dopotutto.

    Sentiamo lo spappolarsi dei corpi sotto i cingoli. I piloti ridono, Monika e gli altri sogghignano e scoppiano a ridere. Io rido di un riso sanguinario.
     
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    Bel pezzo,sei bravo a trasmettere le emozioni che davvero scorrerebbero nella mente di una Guardia, mi ci stai facendo appassionare. Solo mi sono perso il pezzo dell'imbarco sul chimera, o meglio, è stato un cambio troppo repentino: un attimo fuori, un attimo dentro.
     
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    CITAZIONE (Raistlin94 @ 17/7/2019, 09:47) 
    Bel pezzo,sei bravo a trasmettere le emozioni che davvero scorrerebbero nella mente di una Guardia, mi ci stai facendo appassionare. Solo mi sono perso il pezzo dell'imbarco sul chimera, o meglio, è stato un cambio troppo repentino: un attimo fuori, un attimo dentro.

    è stato un piccolo parto quel punto. In principio volevo inserire un siparietto comico fra Monika e i due carristi con l'arrivo del capitano alle spalle e un membro dell'adepus mechanicus da trasportare nel mezzo della battaglia. Ma sentivo che c'era qualcosa, in buona fede, errato. Per cui ho riscritto l'intero pezzo (e il seguito - io posto solo quando ho pronta la parte successiva). e sulla parte che mi faceva incagliare son stato forse fin troppo netto.
     
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    Se non eri sicuro hai fatto bene. Troppi siparietti comici o pochi ma messi in maniera pesante (come sarebbe stato in questo caso) stonano troppo, quando rileggi ti fanno male all'anima. Sul membro del Mechanicus meglio così! :D Ormai da BG è molto più facile che li accompagnino stuoli di skitarii che semplici guardie, ormai il Mechanicus ha enormi eserciti per tutta la Galassia. Già ci hai messo gli Astartes (e dovrai trattarmeli bene!), non aggiungere troppi fattori strani per una normale campagna della Guardia, salvo che poi la trama non porti a quello. Stai affrontando eretici rivoltosi, normale giurisdizione, può venire fuori una bella storia di guerra anche senza metterci troppi altri abitanti della Galassia...poi hai messo anche Titani e supercorazzati quindi già ci sono tante forze congiunte. Hai un capo della Guardia, un capo dell'artiglieria, un rappresentante del Commissariato (per forza), degli psionici sanzionati, un capo dei supercorazzati, le Legio Titanica, ufficiali Astartes e, vista la presenza di questi ultimi 3, rappresentanti della Navae Nobilitae, il QG deve essere già un casino enorme! :D Se ci metti anche tizi che parlano in codice binario, interessati solo alla tecnologia e non alla guerra in sè e che ragionano in maniera totalmente diversa dai normali umani siamo finiti! :D Fidati, rilegali a compiti di meccanica (magari li si vede riparare o preparare i mezzi), se gli dai anche missioni ci devi mettere il loro QG
     
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    Volteggiamo fra la massa mietendo vittime fino all’arrivo dei Leman e delle fantarie. Questi eretici prima erano povera gente, magari affamata, all’ultimo gradino della società del formicaio o anche meno. Sono armati dei loro arnesi, coltellacci, bastoni e qualche fucile sottratto agli arbites o alle milizie padronali. Niente che possa impensierire una guardia sopratutto dietro cinque pollici di blindatura del chimera Sono completamente scompaginati quando arrivano i Vahlliani. Presi fra due fuochi possono solo ammassarsi in quella piccola trincea che hanno scavato pensando di essere al sicuro lì. Invece sarà la loro fossa comune. I sopravvissuti quasi smettono di combattere, i loro capoccia devono essere tutti morti, uno prova ad arrendersi alzando le mani in aria.

    I Vahalliani si avvicinano ormai senza più correre. Noi sbarchiamo dal chimera con una certa tranquillità, con la consapevolezza di quello che sta per succedere. Leibenitz , come gli altri membri dell’equipaggio degli altri carri, apre l’oblo per osservare quello che verrà, per una scena che tutti i veterani hanno visto una volta. La massa è ancora lì, come un gregge di pecore. Mario si accende una Malborius, dall’altra parte due Vahalliani scherzano ed indicano proprio l’eretico con le mani alzate. O il ribelle? Dannazione. il germe del dubbio, mi mordo il labbro per soffocarlo. Quando uno dei due smette di indicare l’altro alza il fucile e fa esplodere la testa di quel tale. É il segnale generale della mattanza. I vahalliani aprono fuoco in maniera metodica, un colpo, un bersaglio, un morto. I pochi che provano a reagire, a cercare una morte secondo loro degna sono immediatamente ammazzati. Gli altri che provano a scappare dall’altra parte, verso di noi vengono falcidiati dalle torrette dei chimera. Mario sputa il mozzicone, alza il fucile - si vede il bendaggio alla mano - e spara mormorando qualcosa come “morte a questi infidi traditori”. Le sue nocche sono bianche tale è l’odio.

    Dopo il dovere, il capitano chiama i sergenti e i caporali per gli ultimi dettagli prima di avventurarci nella giungla urbana. E’ vecchio, ha più di quaranta inverni alle spalle e si intravedono, dove parte la sfumatura dei capelli, due righe grige che sono state oggetto di tante nostre domande alle quali ha sempre risposto che le avremmo avute anche noi se avessimo servito abbastanza a lungo l’imperatore. Gli vogliamo bene come ad un padre, e per alcuni di noi che sono cresciti senza conoscere quello naturale, lo è. Per cui noi graduati gli prestiamo attenzione. Il nostro conciliabolo viene interrotto dal capitano vahalliano accompagnato da alcuni dei suoi. L’incedere all’interno dell’arco è lento e pesante ma fiero e per nulla spaventato. Nel mentre si porta alle labbra una sigaretta fatta a mano. Il nostro capitano in segno di accoglienza gli lancia un accedino. Il nuovo venuto subito se l’accende e fa un tiro come se non desiderasse altro. Sempre senza parlare lancia di rimando una borraccia alla quale il nostro capitano attinge due lunghi sorsi.

    “Mi hanno sempre raccontato la coriacità del liquore vahalliano”dice il Capitano “siete voi in comando?” Il vahalliano si prese un’altra boccata di sigaretta prima di rispondere “Sii” lentamente con un accento pesante sulla i. “Maggiore andato con bomba”. Per farsi intendere meglio spalancò le dita a “bomba” per simulare l’esplosione. Poi prova due, tre volte la qualità dell’accendino. “Io ora comandare, ordini sono andare dritti e conquistare. Noi avere Leman, noi avanti, voi supporto” ormai il vahalliano si era incantato con lo sguardo sull’accendino. “Va bene” rispose il nostro capitano un filo interdetto “noi siamo di meno e più leggeri. Ci prenderemo una direttrice d’attacco sussidiaria alla vostra sinistra” il vahalliano era totalmente assorto dall’oggetto che teneva in mano “ E puoi tenerti l’accendino”. Quest´ultimo sparisce immediatamente in qualche piega del pastrano. Un sorriso sardonico compare sulla faccia del capitano Vahalliano, poi alza al cielo la spada a catena e urla qualcosa che non capisco. Ma tutti i Vahalliani presenti senza fiatare si mettono in movimento in ordine aperto passando infiltrandosi fra le strade, vicoli, palazzi sventrati. La guardia è il martello dell’Imperatore.

    Aspettiamo che tutti passino. Sono almeno tre centinaia di persone che ci sfilano davanti. Ma a giudicare dall’equipaggiamento non sono così muniti come noi. Inoltratesi le ultime schiene nella strada più grossa, noi ci instradiamo invece in una via secondaria, pare di servizio. Procediamo a piedi di fianco a Chimera, due file per lato. Ognuno controllando le aperture in alto sul lato opposto. Tubi, comignoli, grate dove sgorga vapore ci circondano.
    La cosa che mi colpisce è che nonostante l’infuriare della battaglia in tutto il settore noi siamo finiti in una zona morta. Le alte costruzioni, le guglie e le correnti d’aria superiori ci portano gli echi delle esplosioni ma ovattate, col sottofondo dei cingoli sull’asfalto.. Ciò nonostante ad ogni colpo trasaliamo. Monika davanti a me pare pare scossa, con due falcate mi porto a fianco e le prendo la mano. Il suo capo che era chino ora si volge verso di me. Ha gli occhi lucidi. Le stringo la mano un po’ più forte per farle sentire che sono lì con lei. Mi volto un momento, la squadra ci sta fissando. “Monika ripigliati” le sussuro all’orecchio. Non sono proprio le parole che volevo dire alla persona che mi piace ma non è il luogo per certe raffinatezze “S-si” dice a stento, poi con una mano si asciuga una lacrima che corre sulla guancia. In un attimo,almeno apparentemente riacquista la solita spavalderia.

    In uno stato quasi onirico proseguiamo fino a che improvvisamente la strada si allarga e si trasforma in un vialone di un giardino ricreativo per il popolo. Piante dai colori spenti e con le chiome ripiegate ma alte ed erte fiere in mezzo al formicaio. I fiori di questi alberi mi ricordano in qualche maniera casa. Petali bianchi che verso il pistillo diventano viola. Solo questi sono larghi come tre uomini affiancati con le braccia aperte. Ci apriamo a ventaglio cercando sempre di trovarci vicini ad una copertura. Io però mi perdo nella bellazza di questi petali, non ho mai visto del genere. “Tunk”, “Tunk,Tunk, Tunk”, Nel giro di un istante un chimera è esploso. “CANNONE AUTOMATICO” ruggisce il capitano “CARICA!”. Lo urla anche Monika, lo urlo anche io, Avanti a noi, si erge l’odiata stella ad otto punte, al di là di un ponte di servizio che porta al nostro obiettivo della giornata: Le porte del formicaio interno. Il sole pallido non ha ancora raggiunto lo zenith.
     
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    Pezzo molto sottotono e quasi deludente rispetto ai precedenti, che ti è successo?
    Il protagonista reagisce in maniera troppo strana, mi riferisco a quel mordersi le labbra, e Monika? Perchè è così fusa? E' la sua prima battaglia o è incinta di 5 mesi?
    La scrittura però, manca un bel po' di punteggiatura e non sembra scritto di fretta al solito ma più un "non c'avevo voglia". Quando i personaggi parlano non c'è nessuna interruzione di testo ed usi le virgolette sia per i discorsi sia per altre cose nelle stesse frasi. Ti faccio un esempio:
    CITAZIONE
    “Mi hanno sempre raccontato la coriacità del liquore vahalliano”dice il Capitano “siete voi in comando?” Il vahalliano si prese un’altra boccata di sigaretta prima di rispondere “Sii” lentamente con un accento pesante sulla i. “Maggiore andato con bomba”. Per farsi intendere meglio spalancò le dita a “bomba” per simulare l’esplosione.

    E' tutto troppo wall of text.
    Ragazzo mio riprenditi, mi sono appassionato, non cascarmi così. Se ti capita un momento che non ti va di scrivere, prenditi il tuo tempo e rileggi...rileggi sempre.
    Scusa per la durezza, non te la prendere, faccio commenti sinceri come li vorrei anche io per i miei pezzi e non solo i soliti "bello".
     
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